La tigre, con il suo ruggito possente ed il suo sguardo magnetico, ha da sempre affascinato l' immaginario collettivo. In Oriente il suo elegante vello a bande gialle e nere è considerato simbolo di forza e in antichità era sovente usato come ornamento da reggenti e sovrani, o indossato dai guerrieri in battaglia. Oggi è quasi scomparsa, ma un tempo la tigre prosperava sugli altopiani del Tibet ed era temuta e rispettata dalla popolazione, che la riteneva un animale magico e dai grandi poteri curativi. Oltre ad essere elevata a simbolo di forza interiore e saggezza, essa è uno dei dodici segni del calendario tibetano.
Il drago invece è un animale mitologico le cui origini si perdono nella notte dei tempi. Si sviluppa parallelamente all' interno delle cornici culturali di popolazioni molto lontane tra di loro e apparentemente scollegate, ma mentre in Occidente la sua figura è considerata temibile e malvagia, in Oriente è vista come una creatura benevola e portatrice di ricchezza e fortuna. Altresì la morte, temuta e rispettata da molte culture, ha assunto nel tempo una tale quantità di significati simbolici da risultare ormai ermetica ad una qualsiasi interpretazione analitica del simbolo in sé, non smettendo però di incutere timore. Mentre l' iconografia occidentale rappresenta la morte come un sinistro mietitore, per la cultura orientale, in particolare per quella buddista, essa costituisce un momento di passaggio, una fase transitoria verso una nuova vita.
Con la mostra "Il Drago, la Tigre e la Morte - simboli e misteri dell' Arte himalayana" il Museo d' Arte orientale Obrietan intende aprire al visitatore uno spaccato sulla vita quotidiana dell' antica civiltà tibetana prendendo in esame in particolare lo stretto rapporto tra la spiritualità e la vita di tutti i giorni. Questo rapporto secolare ben si estrinseca sugli oggetti che i Tibetani usano nella loro quotidianità: mobili, elementi di arredo e utensili cerimoniali esprimono egregiamente la stretta relazione che lega la vita di quel popolo alla venerazione del Buddha. Relazione che si evidenzia in ogni gesto quotidiano, anche il più banale.
Tradizionalmente il Tibet è visto come una terra remota e isolata dal resto del mondo. La letteratura e la cinematografia
recenti ci hanno abituati a pensare a quel Paese come un luogo inaccessibile e severo, ma l' output artistico e culturale della
tradizione tibetana ci raccontano una storia completamente diversa. Il popolo tibetano si è costruito nei secoli una fortissima
identità, che tuttavia si è lasciata permeare dalle influenze culturali delle aree limitrofe, in particolare dall' India, dalla Cina
e dall' Asia centrale.
A causa della loro natura semi-nomade, i popoli himalayani hanno sempre avuto un rapporto particolare con i mobili.
I periodici spostamenti costringevano ad una rigida selezione sulla quantità e qualità degli oggetti che ogni singola famiglia o
tribù poteva portare con sé. Questo fece sì che i pochi arredi disponibili dovessero assolvere a molteplici usi: non solo funzionali
ma anche rituali e spirituali. I Tibetani realizzavano i mobili per le loro tende o per i monasteri e li decoravano con simboli
religiosi; per questo motivo il mobile tibetano è considerato anche oggetto di culto ed opera d' arte. Gli uomini che costruirono
ed utilizzarono gli esemplari esposti in questa mostra erano persone colte e cosmopolite, e il loro gusto artistico era permeato
dalla cultura del buddismo tantrico tibetano, ma anche dalle vicine tradizioni artistiche di India e Cina.
L' eco di questi contatti con le tradizioni artistiche dei paesi limitrofi è ben rappresentato dai tre simboli che rappresentano
il comune denominatore di questa esposizione. Dall' antico tantrismo indiano attraverso l' Himalaya fino alla Cina i tre simboli
si presentano ripetutamente nel corso dei millenni incutendo nel fedele buddista timore, rispetto e ammirazione.
La mostra "Il Drago, la Tigre e la Morte" costituisce il quinto appuntamento di un ciclo di esposizioni intitolato "Simboli
e misteri dell' Arte Himalayana" , ideato con l' intento di aprire uno spaccato sulla storia dell' arte antica e sulla cultura
del Tibet. L' idea della mostra nasce in collaborazione con il Centro Tian Qi di Milano, dove sarà allestita l' esposizione.
Il Centro TIAN QI, Scuola di Ricerca sulle energie sottili, guidato da Giuliana Viel, è un nuovo spazio che si apre alla
città con lo obiettivo di creare a Milano un punto di interesse nella sfera della spiritualità e delle discipline orientali.
E' un luogo di esperienze e di ricerche che possono essere tracciate e attraversate per mezzo del corpo, della mente e delle emozioni.
Un luogo inteso come spazio esterno al vivere e all'esistere, che permette alla vita di compiersi in tutte le sue molteplici possibilità.
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Come arrivare: Metropolitana Duomo + Tram 24 - Circonvallazione 90-91
Orari:lunedì venerdì h. 15,30 - 19,00
sabato e domenica: h 16,00-20,00
12 - 17 aprile: h: 10,00 - 19,00
chiuso 24-25 aprile e 1° maggio
Si riceve su appuntamento: centro.tianqi@gmail.com